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“Dalla passione per i libri e la lettura alla costituzione di un gruppo per scambiarsi sensazioni, emozioni, pensieri su libri scelti insieme”

Il Gruppo di lettura “Il sentiero dei libri” ha scelto il libro per il mese di giugno 2022 “Vagabondi” di Olga Takarczuk

Il Gruppo di lettura si incontrerà il 6 luglio 2022 presso la Biblioteca Comunale alle ore 16,00.

Il libro

Non deve sorprendere che la celebre poesia che chiude I fiori del male sia dedicata al viaggio. In essa Baudelaire illustra le poche cose che crede di aver capito sulla questione (lui che aveva interrotto sul più bello il solo viaggio che avesse mai intrapreso). Per il Poeta «i veri viaggiatori sono quelli che partono per partire». Il piacere più esclusivo concesso loro strada facendo è «un’oasi di orrore in un deserto di noia!».

Questa poesia dai toni baudelairianamente solenni e apocalittici non faceva che tornarmi in mente leggendo I vagabondi della scrittrice polacca Olga Tokarczuk. Cosa avrebbe pensato Baudelaire di un libro del genere? Forse ne avrebbe lodato la forma squisita, per non dire della struttura fratta, scostante, rapsodica. Forse ne avrebbe biasimato il tono scanzonato. Di certo avrebbe intuito lo spirito libero e folle che lo anima a ogni riga.

Del resto, quella praticata dalla narratrice Vagabondi è una versione aggiornata della flânerie baudelairiana il cui campo d’azione ha saputo allargarsi a dismisura: dagli affollati marciapiedi parigini al mondo intero. Così Tokarczuk mette in scena la bulimica compulsione al viaggio, incoraggiata da un pianeta che non smette di rimpicciolirsi, dove tutto oramai è accessibile a tutti. «Appena guadagnavo un po’ di soldi mi rimettevo in viaggio», scrive. «Ho imparato a scrivere in treno, negli hotel e nelle sale d’attesa. Sui tavolini pieghevoli degli aerei. Prendo appunti durante il pranzo sotto il tavolo o in bagno. Scrivo seduta sulle scale dei musei, nei caffè, in auto, parcheggiata sul ciglio della strada».

Temo che sia venuto il momento per il sedentario estensore di questo pezzo di mettere le carte in tavola, denunciando la sua antica radicata insofferenza per i libri di viaggio, per le grandi epopee migratorie, per ogni affettazione di esotismo sudaticcio. Che posso farci? Sono un tipo stanziale. Un fan indefesso dei vecchi cari confort borghesi. Per quanto paradossale possa sembrare, credo che sia questa la ragione per cui ho trovato così sorprendente il libro di Olga Tokarczuk. La signora descrive l’arte di vagabondare con onestà spavalda: nessuna retorica, e in compenso secchiate di auto-ironia. A costo di apparire apodittico vorrei dire che di questi tempi non c’è modo più appropriato di concepire e allestire un libro di viaggi se non soffermandosi sull’euforia del moto fine a sé stesso, a scapito di verbose descrizioni di mete raggiunte o luoghi battuti. Meglio dire addio a meraviglie architettoniche e splendori naturalistici. «Descrivere una cosa è come usarla: la si distrugge; i colori sbiadiscono, gli angoli si smussano, alla fine ciò che è descritto comincia a dissolversi, a sparire. È una cosa che riguarda soprattutto i luoghi. La letteratura di viaggio ha compiuto grandi distruzioni, è stato un flagello, un’epidemia». Che idea, scrivere un libro di viaggio contro i libri di viaggio! E, en passant, mettere sotto accusa il turismo di massa. Il turista è il contrario del vagabondo. Se il primo usa il viaggio come pretesto mondano, il secondo viaggia perché non può fare altrimenti. Ed ecco perché il vagabondo ha un debole per mezzi di trasporto e luoghi di transito. «Per quale motivo» si chiede a un tratto la Narratrice «gli aeroporti dovrebbero essere considerati inferiori rispetto alle città? Al loro interno vengono allestite interessanti mostre d’arte, ci sono centri per convegni, vengono organizzati festival e lanci promozionali di prodotti». E cosa c’è di più rilassante di una hall di un hotel di lusso? «Le reception sono meglio delle caffetterie. Non bisogna ordinare niente, non bisogna discutere con il cameriere né mangiare qualcosa. L’hotel mi sfoggia i suoi ritmi, è un vortice, e il suo centro sono le porte girevoli. Un fiume di gente che scorre, si ferma, gira sul posto per una o più notti, e poi va via». E qui sì che Baudelaire avrebbe sussultato. Viene subito in mente l’uomo della folla, il personaggio di Poe che Baudelaire ha reso un eroe immortale: il convalescente solitario che, seduto ai tavolini di un bistrot, vive guardando gli altri vivere, pascendosi di moltitudini fluviali.

Il viaggio che dovrebbe liberarci da ogni coazione a ripetere può diventare a sua volta un nido di ossessioni. «Essere come quel viaggiatore che ho incontrato una volta in treno. Diceva che di tanto in tanto deve andare a Parigi a visitare il Louvre per un’opera che secondo lui vale davvero la pena di vedere. Si piazza davanti al quadro di San Giovanni Battista e concentra lo sguardo sul suo dito alzato». L’aneddoto fa pensare al personaggio di quel romanzo di Thomas Bernhard che ogni giorno siede di fronte a un quadro di Tintoretto al solo scopo di trovare finalmente un difetto. Si noti però come la Tokarczuk, a dispetto di Bernhard, faccia di tutto per non nevrotizzare i suoi eroi. Anzi lei, da vera vagabonda, chiede solo di essere blandita e confortata, persino dagli oggetti più consueti: «Il mio telefono, anch’esso gentile, non appena salgo sull’aereo, mi dice subito in quale provincia dello stato della Rete mi trovo. Fornisce inoltre informazioni utili, dichiara la sua disponibilità ad aiutarmi se dovesse succedermi qualcosa. Dispone di numeri utili e di tanto in tanto, in occasione del giorno di San Valentino o del Natale, mi invita a partecipare a promozioni e lotterie. Questo mi disarma e i miei stati d’animo anarchici si sciolgono in un istante».

Insomma, ecco un libro di viaggi senza luoghi o incontri memorabili, un romanzo senza trama e personaggi, un trattato senza teorie. Come si legge una roba del genere? Con la stessa libertà e spirito d’avventura con cui è stato scritto. A spizzichi e bocconi. Non cercando alcun centro. Godendo della sua infinita intelligenza e di imprevedibili primizie. Cos’è? Un romanzo? Una dissertazione moralistica? Un memoir? Ha davvero importanza stabilirlo? È stato fatto il nome di Sebald. Un raffronto che mi pare inappropriato. Sebald mostra un’autentica devozione per la materia di cui è fatto il mondo: che sia un dettaglio architettonico o una foto seppiata, è da lì che trae la sua ispirazione. Coltiva un’ossessione molto novecentesca per gli oggetti duri, inanimati e gravidi di memoria. Come Ponge crede nel partito preso delle cose. Olga Tokarczuk è se possibile ancor più superficiale, ma in un certo senso più profonda. A lei interessano gli uomini, non le cose. Il tempo, non lo spazio. Non a casoI vagabondi è disseminato di storie antiche e improbabili. Reperti di epoche remote e inattingibili. Dopotutto, anche questo è viaggiare. E ancora una volta nessuno la sa più lunga di Baudelaire:

Così il vecchio vagabondo, trascinandosi nel fango,/
naso all’aria, va sognando lucenti paradisi;/
l’occhio stregato scopre Capua/
dovunque una candela illumini un tugurio.

Alessandro Piperno

Dal sito: https://www.corriere.it/la-lettura/

L’autrice

Olga Tokarczuk è nata il 29 gennaio 1962 a Sulechów. Fglia di insegnanti: Wanda e Józef Tokarczuk ha trascorso la prima giovinezza, insieme alla sorella e ai genitori, a Klenica, un villaggio nel Voivodato di Lubuskie, e poi nella città di Kietrz, dove si è diplomata al liceo.

Ha studiato psicologia all'Università di Varsavia,  grande ammiratrice di Jung, è stata  insignita di numerosi premi letterari, tradotta in diciannove lingue e vincitrice per ben tre volte del

Premio letterario Nike, Olga Tokarczuk ha ottenuto, coi i suoi romanzi, un enorme successo sia in Polonia che all’estero. È una delle autrici più popolari in Polonia, per tre anni di fila i suoi libri sono stati votati come i più amati dal pubblico di lettori.
In Italia ha pubblicato, tra gli altri:  Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli (E/O 1999); Che Guevara e altri racconti  (Forum 2006); Guida il tuo carro sulle ossa dei morti  (Nottetempo 2012); Nella quiete del tempo  (Nottetempo 2013);  Casa di giorno, casa di notte  (Fahrenheit 451 2015);  L' anima smarrita,  con Joanna Concejo (TopiPittori 2018);  I vagabondi (Bompiani 2019).

Nel 2018 le viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura.    

Ultimo aggiornamento: 08-09-2023, 14:59