Contenuto
Il libro
Nel 1979 Suleiman, il protagonista e voce narrante di Nessuno al mondo, ha nove anni e tutta una storia da raccontare. Un ragazzino, figlio unico, sta vivendo in solitudine il difficile passaggio dall’infanzia all’adolescenza, con tutto quel che questo comporta. Quel che conta, per lui, è l’assenza: di un sostegno parentale, di un significato da dare agli avvenimenti drammatici che vede succedersi attorno a sé e, soprattutto, l’assenza di comprensione, sua nei riguardi del mondo e del proprio piccolo mondo nei suoi riguardi. Perché Suleiman vive in Libia, nel pieno della repressione portata avanti dal regime di Gheddafi, proprio negli anni in cui il potere sta accuratamente smantellando una del più progressiste e indipendenti associazioni studentesche del Mondo arabo, quella libica appunto. Le esecuzioni dei suoi leaders vengono trasmesse in televisione e non si contano più gli arresti arbitrari dei sostenitori del movimento. Il padre di Suleiman, che è uno di loro, cerca con ogni mezzo, delazione e abiura comprese, di salvare se stesso e di proteggere la sua famiglia. La madre, invece, travolta dalla preoccupazione, trova rifugio nell’alcol e tenta di tenere il figlio lontano dall’orrore di quanto sta accadendo. Coerente con l’età dell’io narrante e, di conseguenza, con la sua visione della vita, la narrazione segue la traiettoria infantile. Solo negli ultimi capitoli compie un salto temporale e a prendere la parola è un Suleiman già adulto, oramai consapevole del suo vissuto e diventato medico al Cairo, dove i genitori rimasti in Libia lo hanno mandato, da solo, per farlo «crescere robusto lontano dalla follia». Nel 1979, anche Hisham Matar, l’autore di Nessuno al mondo, ha nove anni. La Libia in cui si è mosso è la stessa in cui si dibatte Suleiman, ma la sua vita ha seguito altri percorsi, simili ma non identici. In un accorato ma lucido articolo su The Independent ( 16 luglio 2006), Matar ci consegna l’autentica versione della sua storia familiare, che capovolge quella narrata nel romanzo. Alla solitudine di Suleiman fa da contraltare la pienezza degli affetti di Matar, l’appoggio incondizionato di un fratello molto amato, la calma determinazione di una giovane madre presente a se stessa e alla famiglia. A una scelta di chiusura difensiva nel personale di Suleiman adulto in Matar si contrappone l’impegno sociale, il coraggio di non cedere davanti al sopruso, un fiero opporsi alla riscrittura politica della Storia: «Dittature come quella di Gheddafi possono confiscare proprietà, possono imprigionare, torturare e uccidere, ma mai dovrebbe esser loro permesso di spogliarci della nostra umanità. (...) Come possiamo rimanere integri e liberi dall’odio, ma fedeli alla nostra memoria?». Per resistere, laddove nella vita di Hisham Matar c’è posto solo per l’assenza incondizionata del padre, scomparso dopo un arresto arbitrario e mai più ritrovato, nel romanzo si intravede invece una sorta di lieto fine, un ricongiungimento, anche se non sincronico, di tutti i familiari. «La mia perdita - scrive Matar - non mi dà pace. La mia perdita si autorinnova, insistente e incompleta. Mi avevano sempre detto che dovevo aspettarmi di perdere mio padre. Molti dissidenti libici sono stati assassinati o rapiti. Ma adesso so che non avevo realmente compreso il pericolo che correva. Se fosse stato così, l’avrei trattenuto con ogni possibile mezzo, oppure sarei stato più determinato nel cercare di convincerlo a non coinvolgersi nella dissidenza politica. (...) E ci ho davvero provato. Perché amavo mio padre più di quanto amassi il mio Paese; o, per dirla in altri termini, col tempo ho imparato a vivere senza il mio Paese ma non senza mio padre». Raramente accade che in un primo romanzo uno scrittore riesca nel difficile esercizio di reinterpretare il proprio vissuto, re-inventare la propria storia e dare spessore letterario al narrato. Raramente accade, anche, che un primo romanzo ambientato in contesti che si prestano a facili esotismi - e/o altrettanto facili distorsioni politiche - riesca a raccontare una storia universale. Nessuno al mondo fa entrambe le cose, e molto bene.
Dal sito: https://mar-rosso.it/nessuno-al-mondo-libreria-africa
L’autore
Hisham Matar è nato a New York nel 1970 e ha trascorso la sua prima infanzia negli Stati Uniti insieme ai genitori, poiché suo padre, Jaballa Matar, in quel periodova per la delegazione libica alle Nazioni Unite . All'età di circa tre anni torna a vivere con la sua famiglia a Tripoli , dove trascorre i successivi sei anni della sua vita. Nel 1979 le persecuzioni politiche perpetrate dal regime di Gheddafi presero di mira suo padre, leader dell'opposizione libica, costringendolo ad abbandonare il paese con i suoi famigliari. Il luogo d'esilio fu il Cairo , dove Matar e il fratello continuarono i loro studi. Dopo aver trasferito a Londra nel 1986, conseguì la laurea in architettura al Goldsmiths College. [4] [5]
Nel 1990, mentre si trova nella capitale britannica, gli agenti dei servizi segreti egiziani rapirono suo padre al Cairo. Essi fecero credere alla famiglia durante i due anni successivi che Jaballa fosse detenuto in Egitto, mentre in realtà era stato consegnato al regime libico e incarcerato nella prigione di Abu Salim, a Tripoli. Nel 1992 i famigliari ricevettero una lettera inequivocabilmente vergata dalla mano di Jaballa [6], nella egli chiedeva scusa alla moglie e ai due figli per le difficoltà e il dolore che aveva attraversato per causa sua, ma ribadiva che, se avesse la possibilità di tornare indietro nel tempo, non avrebbe comunque cambiato la strada intrapresa. Nel 1995 giunse una seconda lettera, e poi non si seppe più nulla fino a quando i media, nel 2001, divulgarono la notizia che nel 1996 era stata ordinata dalle autorità libiche un'esecuzione di massa nella prigione di Abu Salim. I prigionieri politici fucilati allora furono intorno al 1200, la carneficina durò sei ore. Matar e la sua famiglia perdettero quindi ogni speranza di rivedere Jaballa vivo. Tuttavia dal 2010 nuovi indizi, quali la notizia di un suo appena trasferito in un altro penitenziario due mesi prima della carneficina, e un suo avvistamento risalente al 2002,[7]
Quando informato nel 2010 Hisham Matar ne fu, rimase estremamente scosso. Dopo 20 anni che non vedeva suo padre, e nell'esatto momento in cui dava alle stampe un romanzo concentrato su quell'assenza, scrisse in un articolo pubblicato sul Guardian :
"Dov'è l'uomo che amavo far ridere? Dov'è colui che rispondeva alle mie lettere se solo erano scritte in arabo? Dov'è l'uomo che pronuncia la parola 'pazienza' come una promessa? Dov'è colui al quale avevo promesso una nipotina di nome Taswahin, ovvero 'donna che eguaglia qualsiasi uomo'?...Dov'è l'uomo che mi chiamava Sharh Elbal, ovvero 'colui che placa la mente'?..."
Il 16 gennaio 2010, su iniziativa della sezione inglese del Pen Club , venne pubblicato sul Times un appello sottoscritto da 270 scrittori, tra cui Salman Rushdie, Kazuo Ishiguro, JM Coetzee, Orhan Pamuk, Ian McEwan, Kiran Desai e Zadie Smith, nel quale si sollecitava il Ministro degli Esteri britannico, David Miliband , a richiedere al governo libico il ritiro dei diritti umani e informazioni precise sulla sorte di Jaballa Matar e di altri prigionieri politici.
Le opere:
Nessuno al mondo (Nel paese degli uomini, 2006) , traduzione di A. Sirotti, Torino, Einaudi, 2008,
- Anatomia di una scomparsa (Anatomia di una scomparsa, 2011),traduzione di M. Pareschi, Torino, Einaudi, 2013,
- Il ritorno. Padri, figli e la terra fra di loro (Il ritorno: Fathers, Sons and the Land in Between, 2016), traduzione di A. Nadotti, Torino, Einaudi, 2017,
- Il libro di Dot, di Hisham Matar e Gianluca Buttolo, traduzione di Anna Nadotti e Gianluca Buttolo , Milano, ReNoir Comics, 2017,
Un punto di approdo , (Un mese a Siena, 2019), traduzione di A. Nadotti, Torino, Einaudi, 2019,
Premi e riconoscimenti
- Premio degli scrittori del Commonwealth per il miglior primo libro in Europa e nella regione dell'Asia meridionale, per Nel paese degli uomini( Nessuno al mondo) [10]
- Il leggermente Foxed Best first Biography Prize, per l'autobiografia The Return: Fathers, Sons, and the Land in Between. Il libro viene anche inserito fra i 10 migliori libri del 2016 del New York Times [11]
- Premio Pulitzer per la biografia e l'autobiografia per il libro Il ritorno. Padri, figli e la terra fra di loro.
Dal sito: https://www.wikiwand.com/it/Hisham_Matar
Il prossimo incontro del Gruppo di lettura è fissato per il il 2 marzo 2022 presso la Biblioteca Comunale alle ore 16,00.
Ultimo aggiornamento: 08-09-2023, 14:58